In queste settimane di reclusione mi sono più volte ritrovata a ripetermi nella mente una parola che speravo di aver cancellato dal mio vocabolario: “inadeguata”.
Me lo ripeto guardando i miei figli, me lo ripeto guardando la casa, me lo ripeto guardando me stessa.
Inadeguata.
Questa parola me la sono ripetuta per tanto – troppo – tempo, prima di riuscire ad allontanarla da me, prima di riuscire ad essere certa che non mi appartenesse.
Eppure eccola di nuovo qui.
Riflettendoci su, forse, non è così strano.
Queste lunghe settimane (che ormai non conto più) mi stanno riportando indietro nel tempo e mi stanno facendo ritornare sulla pelle le stesse sensazioni di quando sono diventata mamma per la prima volta.
Risucchiata da mia figlia, dai suoi bisogni, dal mio desiderio di regalarle serenità, sola per tanto tempo durante la giornata a dover gestire le mie emozioni e quelle, talvolta, indecifrabili di mia figlia, la casa, me stessa.
La voglia di uscire, il bisogno disperato di uscire, ma l’allora mia incapacità di farlo da sola.
Un po’ quel che stiamo vivendo ora no?
Con una specie di sorriso mi sono detta, qualche giorno fa, che in questo momento siamo tutti un po’ puerpere.
Bambini a casa, noi a casa con loro (spesso un genitore per volta se l’altro lavora) il mondo là fuori che ci guarda invitante ed inaccessibile.
Aggiungiamoci anche una dose di ansia legata alla salute dei figli, alla nostra e davvero mi sembra di ritrovare la me stessa neomamma.
Ecco.
E così, in preda alle mie emozioni turbolente, a volte si riaffaccia nella mia mente quella sensazione di non essere abbastanza, di non essere in grado, di essere “inadeguata”.
Gestire la scuola a casa, cercando di essere un surrogato delle maestre, cercare di organizzare un qualcosa che possa somigliare ad un’attività sportiva, ad un po’ di movimento, gestire la mancanza degli amici per i miei figli e giocare tanto –ma davvero tanto- con loro.
Gestire le emozioni di una bimba di 7 anni, di uno di 5 e di un altro ancora di quasi 2.
Dividersi (per quanto? dodici ore al giorno?) tra le loro esigenze, che raramente coincidono.
E poi la casa che sta sempre lì, la cena che si dovrà pur mangiare qualcosa, i panni che ok che non usciamo ma comunque ci vestiamo.
Il tempo per me stessa che non ho.
Inadeguata.
La mia mente continua a ripetermelo.
E vorrei piangere ma sorrido.
Esattamente come allora.
Però, questa volta c’è un però.
Semplicemente questa volta IO SO che non sono inadeguata.
Semplicemente questa volta IO SO che sto facendo, come sempre, del mio meglio.
Ed è su questo pensiero che voglio concentrarmi.
Cara mamma che mi leggi, oggi vorrei dirti questo.
Non sei inadeguata.
Lo dico a te e lo ripeto a me stessa: non lo siamo.
Siamo mamme che stiamo vivendo qualcosa di molto forte, che ci ha messo davanti dubbi ed incertezze, nuovi modi di vivere, nuove preoccupazioni.
Ci sta non riuscire ad essere sempre le Mary Poppins della situazione.
Ci sta il dare di matto.
Prendiamoci il lusso di lamentarci, di piangere, di essere arrabbiate.
Prendiamoci il lusso di tirar fuori tutto.
E’ umano.
Poi si respira e si torna a guardare tutto con lucidità.
La mia strategia è una da un po’: non crogiolarmi nel pensiero negativo, qualunque esso sia.
Lo guardo, lo accolgo e lo lascio andare.
Non è facile, ci vuole tempo ma è un esercizio che mi sono ripromessa di fare ogni giorno.
E così facendo, riesco anche a perdonarmi quando cado.