La lotta contro i batteri siamo destinati a perderla?

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Lentamente quasi senza accorgercene stiamo sprecando una delle più grandi scoperte della medicina: gli antibiotici.

Quando un giorno del 1928 un medico inglese, Alexander Fleming, vide per la prima volta gli effetti della penicillina sui germi non capì esattamente la portata della scoperta ma ebbe il merito di continuare la ricerca, nonostante gli scienziati dell’epoca tentarono in tutti i modi di mettergli i bastoni tra le ruote. Ci vollero quasi 20 anni per riconoscere che quella era una delle più grandi scoperte, che avrebbe cambiato la terapia delle malattie infettive e la sopravvivenza di milioni di persone, in tutto il mondo.

Purtroppo l’uso degli antibiotici in questi 70 anni non è stato molto appropriato. Sono stati usati troppo spesso a sproposito e ciò ha determinato un aumento delle resistenze dei batteri agli antibiotici al punto da comprometterne l’efficacia. 

Alcuni scienziati descrivono uno scenario in cui la lotta tra batteri e l’uomo sarà vinta dai batteri, e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) prevede che nel 2050 la prima causa di morte saranno le malattie infettive. Per troppo tempo abbiamo sottovalutato i batteri ma se ci riflettiamo bene essi sono, molto più numerosi di noi, molto più evoluti di noi, collaborano tra di loro scambiandosi velocemente informazioni (materiale genetico) soprattutto le resistenze ai farmaci. I batteri sono sulla terra da 3 miliardi di anni mentre l’uomo soltanto da 300 mila anni; in più si moltiplicano vertiginosamente, raddoppiano ogni 20 minuti, mentre gli uomini hanno una generazione ogni 20 anni, questo vuol dire che l’evoluzione dei batteri è mezzo milione di volte più veloce rispetto a quella umana.

Per fortuna la maggior parte dei batteri convivono pacificamente con noi, sono saprofiti, utili per la produzione di alcune vitamine e per arginare la crescita dei patogeni (probiotici). Purtroppo gli antibiotici possono alterare il normale equilibrio della flora batterica favorendo i patogeni. 

Non possiamo continuare a sconvolgere l’equilibrio della popolazione batterica prescrivendo antibiotici per patologie banali e/o verosimilmente virali e sprecare le armi migliori che abbiamo contro i batteri. 

Come se non bastasse dagli anni 80’ le case farmaceutiche hanno diminuito gli investimenti per la ricerca di nuovi antibiotici perché lo ritengono un investimento poco conveniente. Infatti pensano che, se l’antibiotico viene usato molto, si coprono le spese della ricerca, ma presto i batteri svilupperanno resistenze nei confronti della nuova molecola; se l’antibiotico viene riservato per le infezioni più gravi (come sarebbe auspicabile) non riusciranno a coprire le spese della ricerca, per cui è più conveniente investire sulla ricerca di un farmaco diverso come per esempio un antipertensivo che non ha questi problemi.

La maggior parte delle infezioni del corpo umano è dovuta a virus, che non risentono della terapia antibiotica, mentre solo un limitato numero di infezioni è dovute a batteri dove serve l’antibiotico. L’ideale sarebbe riconoscere le infezioni batteriche prelevandoli dalla sede dell’infezione, esaminarli in colture e fare una terapia mirata; ma questo non è sempre possibile; però, in base a criteri come, distribuzione dei germi nei vari territori (epidemiologia), gravità dell’infezione e l’età del malato, possiamo fare una terapia ragionata per decidere quando e quale antibiotico adoperare.

In genere nelle tonsilliti, faringiti e bronchiti non serve la terapia antibiotica perché la maggior parte sono virali. L’asma bronchiale non è dovuta ad infezione tranne casi rarissimi. Solo nelle tonsilliti conviene fare un test rapido per lo streptococco e prescrivere l’antibiotico solo se il test è positivo. Anche nella gastroenterite non è consigliata la terapia antibiotica. La diarrea ha la funzione di eliminare i germi dall’organismo e l’antibiotico va dato solo in pochi casi selezionati.

L’antibiotico va prescritto sempre nelle polmoniti. Nell’infezione dell’orecchio e nelle sinusiti anche se non si è sicuri che l’infezione è batterica, ma la vicinanza con il cervello li rende sedi particolarmente pericolose. Nelle malattie gravi e nei lattanti sotto i sei mesi, la terapia antibiotica è quasi sempre necessaria.

Concludendo, l’impegno di salvaguardare questa arma preziosa coinvolge tutti: medici, pazienti, Istituzioni e ognuno deve fare la sua parte e dare il suo contributo. 

Soprattutto i medici nel prescrivere la terapia antibiotica devono sempre considerare i fattori che promuovono la resistenza batterica, le principali delle quali sono le seguenti: usare un antibiotico quando non c’è un’infezione (la sindrome del “caso mai”); continuare la terapia dopo che l’infezione si è risolta; sotto-dosare gli antibiotici; usare un antibiotico che non arriva nella sede dell’infezione.

Ma anche le Istituzioni e i veterinari si devono impegnare in azioni prioritarie da attuare per proteggere gli antibiotici: somministrare agli animali solo gli antibiotici non utilizzati nella medicina umana, e unicamente per azioni terapeutiche; è fondamentale riservare alla medicina umana le classi di antibiotici più importanti; bandire l’utilizzo degli antibiotici nell’alimentazione degli animali per accelerarne la crescita; proibire la vendita degli antibiotici senza prescrizione medica in tutti i Paesi del mondo; chiedere l’impegno dei Ministri della Sanità di tutti i Paesi a far rispettare un documento per il corretto utilizzo degli antibiotici; istituire in tutti i Paesi uno strumento per la sorveglianza delle resistenze batteriche; insegnare le misure igieniche fondamentali come, lavarsi le mani, per prevenire le infezioni.

 

Dott. Matteo Noto

Pediatra

Presidente ABIO Palermo

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